Individuato il meccanismo del magnesio che protegge dalla malattia di
Alzheimer
GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 10 febbraio 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
È nozione acquisita da tempo
che i bassi livelli di magnesio
costituiscono un fattore di rischio per la malattia di Alzheimer, ma gli studi
volti ad accertare le ragioni del pericolo costituito dal difetto cronico di
questo elemento, che agisce da importante cofattore in innumerevoli reazioni
del metabolismo cellulare, non sono riusciti a stabilirne le ragioni. In
particolare, finora non sono stati individuati specifici meccanismi e processi
che, nel deficit di Mg2+, causano patologia neurodegenerativa o condizioni
predisponenti al danno.
Ora, Zhu e colleghi forniscono
la prima evidenza sperimentale che alti livelli di Mg2+ riducono
significativamente la permeabilità della barriera emato-encefalica (BEE) e, in vitro, regolano la sua funzione.
(Zhu D., et al., Magnesium
Reduces Blood-Brain Barrier Permeability and Regulates Amyloid-β
Transcytosis. Molecular Neurobiology –
Epub ahead of print doi: 10.1007/s12035-018-0896-0, 2018).
La provenienza degli autori
è la seguente: Department of Biomedical Engineering, University of North Texas,
Denton, Texas (USA); Department of Biomedical Engineering, City College of the
City University of New York, New York, NY (USA); Institute of Neuroscience,
College of Medicine, Xiamen University, Xiamen Shi, Fujian Sheng (Cina);
Degenerative Diseases Program, Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute,
La Jolla, California (USA).
Al fine di conservare per
l’encefalo un equilibrio biochimico e biofisico ottimale in un ambiente
stabile, che non risentisse delle
fluttuazioni legate ai processi fisiologici dell’organismo e riflesse nel
plasma, l’evoluzione ha specializzato due principali sistemi di
compartimentazione selettiva o interfacce: la barriera emato-encefalica (BEE) e la barriera emato-liquorale (BEL). A questi due sistemi se ne può
aggiungere un terzo di dimensioni e significato fisiologico minore: l’epitelio
della meninge aracnoide sottostante la dura[1]. La
BEE è di gran lunga la più importante, sia per estensione, in quanto la sua
superficie è 5000 volte più grande in estensione di quella della BEL, sia
riguardo la funzione di controllo selettivo dell’attraversamento. La barriera è
in primo luogo costituita dalla ristretta permeabilità dei capillari cerebrali
rispetto a quelli degli altri organi del corpo, in particolare riguardo le
molecole idrofile. La BEE include la maggiore superficie di confine fra
parenchima encefalico e compartimento vasculo-ematico, con un’area che misura
dai 10 ai 20 m2, e una proporzione fra numero di neuroni e terminali
capillari che è all’incirca di 1:1. Un elemento di cruciale importanza è dato
dalle cellule endoteliali cerebrali
(CEC) che rivestono il lume dei capillari del cervello e sono connesse tra loro
mediante giunzioni serrate (tight
junction, TJ, o zonulae occludens),
che ostacolano il passaggio di molecole tra una cellula e l’altra, costituendo
in tal modo una barriera fisica all’attraversamento dello spazio
intercellulare, ossia di una zona che sfuggirebbe al controllo selettivo delle
CEC. Infatti, queste cellule formano barriere metaboliche e di trasporto per
molte molecole, attraverso enzimi e trasportatori, mentre consentono l’accesso
ai nutrienti essenziali per il cervello.
Si attribuiscono in genere
quattro funzioni principali alla BEE.
1)
Regolazione dei gradienti ionici. I
potenziali d’azione neuronici dipendono dalle concentrazioni intracellulari ed
extracellulari di ioni e, particolarmente, di Na+ e K+.
Queste concentrazioni devono essere tenute entro la ristretta gamma di valori
fisiologici che consente un’efficiente accensione.
2)
Controllo dello scambio di proteine, metaboliti e tossine. Il plasma contiene molti elementi che non sono tossici alla periferia,
ma interferiscono con la funzione neuronica e potrebbero essere neurotossici
per il cervello se attraversassero la barriera secondo i loro gradienti. Ad
esempio, i livelli di glutammato del plasma sono più di 5 volte maggiori di
quelli del fluido cerebro-spinale. L’albumina, la plasmina e la trombina se
entrassero nel cervello indurrebbero apoptosi neuronica, così come alcuni
xenobiotici ingeriti e prodotti di scarto della digestione e del metabolismo.
3)
Scambio di nutrienti. Il cervello utilizza il 20%
dell’ossigeno consumato in totale dall’organismo e una frazione corrispondente
di glucosio; se si considerano le limitate riserve energetiche, si comprende la
necessità di una costante fornitura. Poiché la BEE esclude molte molecole
idrofile, sono necessarie delle molecole trasportatrici per consentire
l’accesso ai nutrienti e alle molecole di segnalazione, come nel caso del
glucosio, trasportato da glut-1 (glucose
transporter-1).
4)
Controllo della composizione del fluido extracellulare. Questa funzione la BEE la svolge insieme con il plesso corioideo, in
particolare quello dei ventricoli laterali, che produce il fluido
cerebrospinale.
Il trasporto
bilaterale attraverso la BEE si avvale di vari trasportatori e differenti
processi; ad esempio, si hanno trasportatori di ioni, di soluti e ABC; per la
transcitosi mediata da recettore, si ha l’insulina (IR), la transferrina (TfR),
la LRP1, l’immunoglobulina G (fcγ-R), la leptina e il RAGE (receptor for advanced glycation end products).
Nelle osservazioni condotte da
Zhu e colleghi, i due principali recettori cellulari che mediavano l’entrata
degli ioni Mg2+ all’interno della cellula erano TRPM7 (transient receptor potential melastatin 7)
e MagT1 (magnesium transporter subtype 1).
I livelli alti di magnesio
inducevano un accelerato passaggio del peptide beta-amiloide (βA) dal
cervello al compartimento ematico, mediante la transcitosi operata dagli
elementi specializzati della BEE attraverso la proteina LRP (low-density lipoprotein receptor related
protein) e la proteina PICALM (phosphatidylinositol
binding clathrin assembly protein); mentre riducevano il flusso in entrata
di βA dal sangue al cervello, impiegando RAGE e caveolae.
Il magnesio potenziava le
proprietà della BEE e l’espressione complessiva di LRP1 e PICALM, laddove
riduceva quella di RAGE e caveolin-1.
Il flusso di βA allo steady state,
diretto da apicale a baso-laterale e viceversa, raggiungeva un equilibrio di 18
e 0.27 fmol/min/cm2, rispettivamente, circa 30 minuti dopo l’iniziale aggiunta
di livelli fisiologici di peptidi βA liberi. Il knockdown di caveolin-1 o
la perdita di integrità dei microdomini della membrana delle caveolae, riduceva
significativamente il flusso verso l’interno mediato da RAGE, ma non l’efflusso
di βA mediato da LRP1.
È stata poi sperimentata la
stimolazione delle cellule endoteliali con VEGF (vascular endothelial growth factor) e si è rilevato che accresceva
la fosforilazione di caveolin-1 e
l’espressione di RAGE.
Adoperando la tecnica di
“co-immunoprecipitazione” i ricercatori hanno accertato e dimostrato che RAGE –
ma non LRP1 – era fisicamente associato a caveolin-1.
Ricapitolando, in estrema
sintesi: i risultati della sperimentazione, per i cui dettagli si rimanda al
testo del lavoro originale, indicano che il magnesio può ridurre la
permeabilità della BEE e promuovere l’allontanamento dal cervello di peptidi
βA, accrescendo l’espressione di LRP1 e PICALM, e riducendo i livelli di
RAGE e caveolin-1.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] L’argomento delle barriere fra encefalo e sangue è trattato dettagliatamente in G. Perrella, Appunti di Neurochimica, BM&L-Italia, Firenze 2006. A quel testo si rimanda soprattutto per l’impostazione concettuale e di principio; le nozioni che seguono in questo scritto sono in parte tratte da quel testo, in parte da lavori recenti che sono raccolti nella bibliografia di un nostro manoscritto di rassegna non ancora pubblicato.